Ho appena finito un periodo di produzione molto, molto intenso: facendo un rapido calcolo, negli ultimi 45 giorni ho prodotto circa 330 minuti di podcast per i miei clienti. Se ci aggiungo i podcast che faccio per conto mio (Ricciotto, Organizzazione per negati) e quelli che seguo (Limit break), rischio di arrivare al doppio, quindi manco le aggiungo. Ho paura di rimanerci secco, sennò.
La cosa più divertente di tutti questi minuti di podcast è che sono usciti, per la maggior parte, tutti assieme: tu leggerai questo pezzo tra qualche giorno, ma oggi è sabato 5 giugno ed è uscita la seconda stagione dell’Atlante sonoro degli archivi italiani. Domani, 6 giugno, uscirà il lavoro fatto per gli Amici dei Boschi, un’associazione di Pavia che cura il Bosco Grande: dodici puntate suddivise in due podcast (uno per gli adulti, uno per i bambini). Da lunedì 7 qualsiasi giorno è quello giusto per ascoltare la quarta puntata di Storie d’Irlanda. Nei 45 giorni ho conteggiato anche la terza, uscita l’11 maggio, e la terza di Io sono una voce, il podcast che sto facendo per Amref Health Italia assieme a Valentina De Poli e Giulia Perona.
So che può sembrare un elenco sborone, ma è solo perché significa che ho raggiunto la fine di due progetti e la metà di altri due: è tempo di un bel backup.

Non si è mai abbastanza previdenti
Ormai è diventato un rito: alla fine di ogni lavoro zacchete!, parte un backup. Credo sia un passaggio fondamentale del mio lavoro, quello di avere sempre i progetti al loro posto, sani e salvi.
Per assicurarmi che vada tutto per il verso giusto ho due diversi hard disk: uno dei due è sicuramente questo della Western Digital. Su entrambi ho la stessa struttura di cartelle che ho sul mio Mac: semplicemente trascino le cartelle dei lavori conclusi nel posto in cui devono stare. Per il momento sto seguendo un ordine basato sul cliente: mi sembra più efficace che ragionare per anno. (Ma è anche vero che non faccio questo mestiere da troppo tempo, vediamo nel 2025 come la penserò.)
Due hard disk esterni, per quanto comunque un bel colpo, non sono l’unica difesa contro le rogne: tutti i miei dati stanno su iCloud, quindi se anche mi si spaccasse il Mac Mini ritroverei tutto al primo login nel Mac che sarei costretto a comprarmi immediatamente. (Questa è una cosa che so con certezza non perché mi si sia spaccato un Mac, ma perché ogni volta che ne ho acquistato uno ho ritrovato tutto quello che avevo lasciato su quello vecchio.)
Oltre a salvare tutto su cloud, al Mac Mini è perennemente collegato un hard disk da sei terabyte, interamente dedicato a Time Machine. È il software di sistema di macOS che permette di avere un backup del proprio Mac. Si attiva da solo ogni ora e salva quello che è stato creato dal nulla, oppure le modifiche rispetto ai file che aveva già salvato. Mi è capito, in più d’un’occasione, di recuperarmi un file che avevo cancellato per errore in questo modo.
Ma dal momento che “Paranoia” è il mio secondo nome, quando si parla di dati, non è finita qui: ho un abbonamento a BackBlaze, un sistema di backup su cloud che salva automaticamente tutto quello che c’è sul mio sistema, ne tiene una copia per 30 giorni, e mi permette di accedere in qualsiasi momento ai miei dati, per qualsiasi motivo. È il secondo backup continuativo di quelli che ho impostato, il terzo posto dove posso trovare tutti i miei file (dopo iCloud) e di fatto il quarto sistema di backup. (Se ti interessa utilizzare un sistema di backup su cloud come BackBlaze, da questo link hai a disposizione un mese gratuito, e se ti abboni ne ottengo uno gratuitamente anche io.)
La strategia di difesa
La strategia per i backup dovrebbe basarsi sulla regola del «3-2-1», vale a dire: tre backup su (almeno) due supporti diversi, e (almeno) uno fuori sede. Per “fuori sede” non si intende un backup universitario, purtroppo, ma uno su un posto diverso da quello dove stanno i tuoi dati: se ti va a fuoco la casa, per dire, avere tutti i backup chiusi in un cassetto della scrivania non ti aiuta. Una volta si facevano i backup e si portavano in un’altra casa (quella di un amico, quella dei genitori, quella delle vacanze, cazzonesò): oggi si possono fare i backup su cloud.
La mia strategia è molto semplice ed è una rivisitazione di quanto detto poc’anzi. Ho due backup su cloud anziché uno solo fuori sede (tenendo conto che iCloud Drive nonè un backup, ma un servizio di storage online), e tre differenti hard disk attaccati al mio Mac.
iCloud è la prima fermata per tutto, ché davvero: tutti i miei file sono lì. Time Machine è la prima linea di difesa: lui è attivo sempre, l’hard disk è abbastanza grande da non darmi problemi fino al 2025 che ho citato prima, e tutto succede automaticamente senza che io me ne renda conto.
Ok ma quindi?
Quindi vorrei che questo post fosse una sirena d’allarme per te: se non hai un backup recente è meglio che te lo crei, immediatamente. I problemi con il salvataggio dei dati non è un’ipotesi remota: non è che non ne hai mai avuti, è che non ne hai ancora avuti.
Esser paranoica come me non è obbligatorio: anzi ti auguro di non esserlo (e di non avere bisogno di esserlo). Ma come minimo un sistema di storage online lo prenderei in considerazione, a partire da Dropbox o simili. Certo, sono almeno un centinaio d’euro all’anno, ma perdere la tua tesi di laurea, le foto del tuo gatto, il lavoro che devi consegnare domani o salcazzo cos’altro di prezioso hai nel computer quanto vale?
(Non mi assumo responsabilità se per caso dopo la lettura di questo articolo ti si frigge il disco del computer! Non porto sfiga, io!)