Districarsi tra schede audio e mixer


Dovendo rinnovare un po’ la mia attrezzatura personale mi sto guardando intorno. Al momento ho solo un microfono USB, e va bene che è ottimo, ma preferirei avere a disposizione attrezzatura di tipo diverso. (Peraltro quest’unico microfono è al momento utilizzato in un lavoro che stiamo facendo Valentina De Poli e io, quindi non è neanche qui in casa.) (Sì, è un altro caso di studio che aspetta solo di esser scritto, questo.)

Cercando una scheda audio che mi sembrasse conveniente per prezzo, qualità e prestazioni, mi è tornato alla mente il periodo in cui pensavo che con un mixer avrei potuto fare tutto quello che volevo, prima di iscrivermi al partito delle schede audio. All’epoca non avevo ben chiaro le differenze tra le due, e ho pensato: magari posso scrivere un pezzo per parlare al Matteo di, boh, otto anni fa, e spiegargli due cose. Gli spiegherei che la regola rimane sempre che: dipende da quello che si deve fare, ovviamente, ma le basi sono quelle che seguono. (E sono anche incredibilmente semplificate, chiedo scusa a me stesso, e anche a te.)

Essere foglia che il vento attraversa

Le schede audio, o interfacce audio, sono solitamente molto spartane come quella che vedi nella foto qui sopra. Hanno dei fori di entrata, quelli di uscita, qualche manopola, grazie arrivederci è stato un piacere. Possono essere a uno, due, quattro, sei canali, ma anche otto e più. Il loro scopo è prendere il suono che produci e portarlo nel tuo computer, e fine. Volendo puoi far andare il suono ad altre destinazioni che decidi eventualmente tu (possono essere delle casse monitor, un impianto stereo, ma anche degli effetti analogici o salcazzo cosa). Il suono lo produci con la tua voce e un microfono collegato con un cavo XLR, per esempio, ma ci puoi agganciare anche uno strumento.

Le manopole servono a regolare il volume di ascolto in cuffia – o delle monitor – e il livello di guadagno del canale: quanto volume stai dando a ogni canale.

A una scheda audio da usare in registrazione non si chiede niente, anzi: è meglio che sia il più trasparente possibile. Tutto il lavoro di colorazione del suono si farà in pre o post produzione: il chitarrista troverà il suono perfetto con i suoi effetti e il suo amplificatore e la scheda audio non deve colorare ulteriormente il tutto, per fare un esempio.

Di solito c’è sempre l’alimentazione phantom per i microfoni a condensatore, e non ti preoccupare se hai un microfono dinamico e il phantom non è disattivabile: se al microfono non serve, normalmente non viene proprio erogata.

Alcune schede audio incorporano degli effetti, ma non le ho ancora mai usate, quindi non te ne parlo troppo.

La qualità del suono che arriva al computer dipende da una varietà di fattori: la frequenza dei sample rate (cioè ogni quanto registra l’audio, per semplificarla brutalmente) e i preamplificatori che monta. Non è detto che una scheda costosa abbia per forza una qualità migliore di una scheda più economica, anche se di solito i prodotti di fascia alta utilizzano componenti eccellenti.

Ovviamente di questi tempi è fondamentale che si colleghi al computer, con un’uscita USB integrata.

Col mixer spippoliamo tantissimo

Il mixer fa una cosa diversa: prende il suono da diverse fonti e le miscela per farli uscire verso un impianto audio (o un computer, di questi tempi). Per ogni canale di ingresso di solito hai a disposizione non solo il guadagno ma anche la possibilità di intervenire sulle alte, medie e basse frequenze, sul pan (dove si sente il suono: a destra, o sinistra?). A seconda dei modelli poi puoi trovare un compressore sul canale, che è molto utile per sostenere il suono della voce quando per esempio ti allontani dal microfono. Potrebbero anche esserci diversi effetti, come nel mixer qui sopra, per lo più per la voce: riverberi, delay, altre cose interessanti per chi deve fare musica ma decisamente fuori contesto per noi che facciamo podcast.

Quelli che hanno un’uscita USB da collegare al computer poi ti potrebbero permettere di ricevere tracce separate sulla tua DAW, ma dipende dal tipo di protocollo USB che usano: le versioni più vecchie permettevano soltanto un’uscita stereo; le più recenti invece ti permettono di avere, sul tuo software di montaggio, una traccia separata per ogni canale di ingresso. (Dipende anche dalla qualità e costo del mixer, non dimenticare.)

Il punto è che, a differenza delle schede audio, un mixer ti permette di intervenire sul suono più intensamente e modificarlo prima di iniziare la post-produzione. Dove la scheda audio dovrebbe essere trasparente, il mixer si fa sentire. (Ops, che brutta battuta.)

Le vie di mezzo, o anche: le vie sono infinite

L’altro giorno ho parlato del RODEcaster Pro, che è una bestia strana: è un’interfaccia audio a forma di mixer. Effettivamente include diversi effetti (compressore, noise gate, de-esser) applicabili per ogni canale, e preset di equalizzazione per i canali aggiuntivi (quello dei collegamenti USB o bluetooth, per esempio). È una macchina molto interessante e versatile, che per semplicità chiamo “mixer” quando parlo di lei ma che rimane, nella pratica e nell’animo, un’interfaccia audio.

Non dimenticare poi che puoi trovare schede audio con qualsiasi caratteristica: dal numero di canali al tipo di uscite all’effettistica, e via andare: cosa comprare dipende, ovviamente, da te. In futuro farò un post riguardo il “minimo della pena” da comprare.

Spero che questo breve post aiuti tutti: te, e il me stesso di qualche anno fa 🙃

E ora, ascoltiamo la canzone da cui ho preso il titolo del primo paragrafo.