
Se qualcuno aveva anche solo un dubbio che a Spotify volassero basso, le novità annunciate a fine febbraio 2021 dovrebbero decisamente bastare a testimoniare il contrario.
Sono state annunciate tante cose succose; quelle che interessano a noi podcaster sono:
- integrazione diretta tra Anchor e WordPress.com;
- una quantità notevole di esclusive;
- Spotify Audience Network: un network pubblicitario;
- sostegno attraverso abbonamenti diretti ai podcast;
- nuove modalità di ricerca e consiglio dei podcast (tendenzialmente attraverso machine learning);
- l’arrivo di video podcast per chi utilizza Anchor;
- strumenti di interazione col pubblico (come sondaggi o domande & risposte)
Spotify ha chiaramente detto che vuole essere al centro del nostro consumo mediatico: non soltanto una «Netflix dell’audio», come l’ho definita più di una volta durante i corsi, ma proprio al posto di Netflix. La strategia di Spotify è chiara, oggi, ma a viverla durante questi ultimi anni m’è sempre parsa un po’ confusionaria. Da un lato certe mosse tatticamente perfette come comprarsi simultaneamente alcuni tra i migliori creatori di contenuti sulla piazza (Gimlet Media) e una delle poche piattaforme di creazione e pubblicazione di podcast gratuite del mercato (Anchor), dall’altro una bulimia di esclusive che fa impallidire chiunque altro (da Joe Rogan a Obama, passando per una pletora infinita di altra gente più o meno importante). Ultimamente aveva messo a segno altri colpi strategici ma visto nel suo complesso, con la lente degli annunci del mese scorso, è chiaro che l’atteggiamento di Spotify è anche peggiore di quello che pensassi.
Lo metto in chiaro nel caso fosse necessario, ma immagino che ormai mi conosci: non ho una grande opinione di Spotify. Né per quel che riguarda l’usabilità (trovo app e sito francamente fastidiosi), né per le politiche predatorie e monopolistiche. L’ho detto in maniera estesa nell’ultima newsletter di Podcast scritti: sono a favore della biodiversità anche e soprattutto per il settore nel quale vivo quotidianamente dal 2007, prima come semplice ascoltatore, poi come creatore di contenuti, e oggi come libero professionista/produttore.
Rimane il fatto che con la sua potenza, Spotify ha smosso le acque e molto le smuoverà in futuro. Per quanto non ancora utilizzabile in tutto il mondo, un network di pubblicità unico che sostenga i podcast su Anchor (e Spotify) è a portata di mano, oggi molto più di ieri. E per chi non vuole sostenere il proprio podcast con le pubblicità, su Anchor sarà possibile farsi pagare direttamente dagli ascoltatori. Puoi metterti in lista d’attesa, se vuoi.
Nonostante l’indubbia comodità, l’accordo con Automattic per creare una versione “vocale” dei tuoi post è imbarazzante sotto molti livelli, penso: a partire dall’apertura del post di Automattic per presentare l’accordo:
Anchor, part of the Spotify family, powers 80% of all new podcasts on Spotify, with free tools to easily create, distribute, and monetize, no matter how you record — including podcasting with your WordPress.com blog!
È facile essere il responsabile dell’80% dei nuovi podcast di una piattaforma quando sei l’unico servizio gratuito & completo. L’altro passaggio ridicolo è:
Your blog can almost literally do the talking for you with direct text-to-speech, similar to an audio transcription of an article. (…) Of course, if you want to create a podcast that highlights your actual speaking voice, you can record it by reading a transcript of your blog post, which will be imported directly into Anchor for easy access.
Nella pratica: se non ti fidi/non ti piace il sintetizzatore vocale, leggiti il tuo podcast – creati il tuo podcast. Ok, grazie, bell’implementazione. (Da notare che per il momento questa funzione è abilitata solo per chi ha un blog su WordPress.com, e non la sua versione gratuita.)
Ma nonostante la mia opinione, è un’idea senza dubbio interessante. Se volessi fare un podcast rapido, magari di news, sarebbe senza dubbio un’ipotesi che prenderei in considerazione. E mettersi in collaborazione con Automattic, i creatori WordPress, il sistema di gestione dei contenuti utilizzato da – almeno – un terzo dei siti web del mondo non è mica da scemi, anzi. (Per la cronaca: il mio sito professionale gira su WordPress, nella sua versione gratuita.)
Riguardo le possibilità di essere pagati direttamente dalle proprie ascoltatrici, maggiori commenti quando arriverà anche in Italia e potremo provarci un po’, metterci mano e valutare. Tra questo annuncio e nuovi metodi di scoperta per i podcast, mi pare che l’intenzione dichiarata sia di affrontare di petto due dei problemi più grossi che rimangono nel settore, la sostenibilità e la ricerca. Per chi è interessato a farne un mestiere, la sostenibilità rimarrà sempre una grande rogna.
Insomma, ho usato quasi 5mila battute fino a qui per farti un gran recap di quello che hanno detto. Nessuna delle cose dette è una cazzata, e anzi: singolarmente e tutt’assieme sono mosse sensate e utili. Mi chiedo solo quanto mondo si mangerà Spotify prima che le cose cambino: se farà a tempo a diventare l’Amazon della situazione, oppure le alternative assumeranno più importanza.
Ma abbastanza con le mie paranoie: tu come la pensi?