La magia dei LUFS


In un paio di occasioni mi è capitato di ricevere delle critiche per i miei podcast. Parlo di quelli di Querty più che quelli dei miei clienti, anche se mi è successo anche lì – per fortuna tanto tempo fa. In entrambi i casi non avevo ancora trovato questo magico barbatrucco che ci permette di ascoltare le cose che ascoltiamo a un volume quantomeno passabile. E intendo: tutte le cose che ascoltiamo, musica e tv comprese.

Parlando di quest’argomento, ti avviso subito, farò una delle mie solite deviazioni e aprirò mille parentesi. Spero in questa maniera di darti un quadro abbastanza completo di tutto, perché effettivamente quando parliamo di LUFS stiamo toccando mille rivoli diversi di un fiume all’apparenza molto, molto vasto. Anche perché a fare un discorso più approfondito di questo incroceremmo, per forza di cose, quell’altro ginepraio che prende il nome di “loudness war”. Se conoscete qualche jastema, è il caso di ripassarle.

Ma prima, permettimi la versione velocissima. Partendo Intanto dall’acronimo: LUFS sta per loudness unit full scale, e serve a misurare il volume percepito.

Cosa devi ottenere, e come fare per ottenerlo

L’ideale è che i tuoi podcast abbiano un volume di -16LUFS. Apple Podcast, che da questo punto di vista è il decano delle piattaforme di ascolto, ha imposto questo standard, e si è diffuso anche su altri piattaforme. Spotify, nel suo solito gioco al rialzo-sono-meglio-di-tutti punta invece a -14LUFS. (Sono numeri negativi, quindi -14 è più “forte” di -16.) Puntare a -16, -15LUFS è l’obiettivo giusto per ottenere un audio giusto e ben calibrato.

Per ottenerlo hai tre strade: alla vecchia, come faccio io, è tenere un plugin di misurazione sempre aperto (o comunque buttargli un occhio ogni tanto). Se spesso-e-volentieri sei intorno a -16LUFS, a posto così.

Secondo modo: c’è un’aggiunta dell’ultimo periodo di Audacity, che permette di normalizzare il volume ai LUFS che preferisci. Devi selezionare tutta la traccia, poi andare su Effetti > Normalizzazione sonorità > Normalizza sonorità percepita a -16LUFS, e vivi felice. Come dovresti, sempre.

Terzo e ultimo modo che mi viene in mente è usare Auphonic, di cui ti ho parlato qualche settimana fa. Carichi il tuo file (magari non un mp3 a bitrate scarso) e poi gli dici: tiramelo fuori a -16LUFS. E il gioco è fatto.

(Ricordati che stiamo parlando di livelli medi, e che se una volta sei a -12 e quella dopo a -18 non è un problema. Il problema è se questo sali e scendi è continuo ed eccessivo. Ma per questo, butta un occhio più avanti, dove mi perdo nelle cose tecniche.)

Il senso della compressione per il volume percepito

Breve ripasso: la compressione serve a ridurre la dinamica in un brano. Ti mostro che cosa intendo:

Quella che vedi è la puntata pilota di un podcast di un’amica. Sta più o meno tutto allo stesso volume, tranne alcuni picchi: a naso quei picchi sono delle risate, o dei passaggi in cui il tono della voce era forte. E ci può stare, è normale. Se però avessero registrato molto male, avrebbe potuto venire fuori una cosa così:

E questa cosa qui è insostenibile sul lungo periodo. È a questo che serve la riduzione della dinamica: abbassa quei picchi e uniforma il volume. Certo, vai a perdere dinamica, ma tenendo conto che spesso una dinamica incontrollata è più un danno che altro, non è una perdita grave.

Una volta riportata la dinamica a più miti consigli, possiamo poi andare su Auphonic, usare l’effetto di Audacity o fare tutto a manina, come detto prima: ma adesso stiamo partendo da una situazione gestibile e non otterremo dei risultati non equilibrati.

(Per favore ricordiamoci: stiamo facendo un podcast, cioè stiamo parlando in un microfono. Non stiamo facendo progressive rock, o musica sperimentale, o musica classica: dove effettivamente la dinamica è una parte fondamentale dell’esperienza sonora e quindi emotiva. Facciamo podcast, dobbiamo farci capire, anche a discapito del nostro lato più artistico.)

(Questa tirata l’ho fatta più per me stesso, ex chitarrista della domenica, che te.)

Il volume è mio e lo decido io

C’è un volume ideale per l’ascolto di qualche cosa? Probabilmente sì, ci saran stati studi approfonditi per vedere quand’è che perdiamo l’udito. E infatti, iOS monitora il livello sonoro cui siamo esposti (sia come ambiente che come auricolari) e ci avvisa quando sgarriamo. Accludo comodo screenshot della sezione Udito dell’app Salute:

D’accordo, sappiamo grossomodo quanto ci fa male l’esposizione a volumi eccessivi: ma come facciamo a capire quanto dev’essere forte il volume d’uscita di una puntata del nostro podcast? Ci devono aver pensato, dai!

A un certo momento ci hanno effettivamente pensato. Esiste uno standard di volume d’uscita per tutti i programmi che contengono una traccia sonora, che sia un telefilm, un programma televisivo, una canzone passata in radio e via andare. Per meglio dire: esistono dei parametri cui possiamo attenerci: poi ognuno fa grossomodo il cazzo che vuole, purtroppo.

L’European Broadcast Union ha fatto un po’ di conti, tirato due dadi, chiuso gli occhi e poi deciso. No, scherzo, non è andata così: per calibrare i LKFS, ovvero la scala per il volume in uscita, hanno tenuto in considerazione mille aspetti diversi: dalla frequenza di analisi (ogni quanto si controlla il volume) agli algoritmi per il calcolo, alle più recenti teorie sulla percezione umana. I LKFS, che si possono chiamare anche LUFS (ed è il loro nome più famoso, nonché – paradossalmente – meglio pronunciabile) sono il sistema usato per valutare il livello medio sul lungo periodo del tuo brano.

Questa cosa del volume medio è fondamentale, in tutto questo discorso. Ci possono essere picchi più forti di un determinato livello di LUFS cui vuoi rendere, ma l’importante è che in media il tuo brano (il tuo podcast) abbia un volume preciso. 

Cose in ordine sparso

Se nella tua DAW ritrovi spesso -23LUFS come volume target: -23 è il volume di riferimento per il broadcast televisivo americano.

Anche i LKFS/LUFS sono espressi in dB, mannaggia a loro.