Pubblicare un podcast: come funziona (prima parte)


Ci sono due strade fondamentali: la pubblicazione in proprio e quella tramite un hosting di qualche tipo. Nella mia carriera ho provato entrambe e devo confessarti che, a meno che non succeda qualcosa di gravissimo, non rifarei più la strada dell’home made. Oggi esistono sistemi estremamente più affidabili che ti garantiscono la presenza sui canali principali (Apple e Google Podcast e Spotify su tutti), e nonostante possano arrivare a costare anche parecchi soldi ti fanno risparmiare una cosa fondamentale: il tempo.

Questi sistemi sono le due piattaforme di hosting più conosciute in Italia, Spreaker e Anchor. Una volta creato un account su uno di questi due siti, la pubblicazione del tuo podcast sui diversi canali è questione di qualche minuto.

Per quanto mi concentri solo su Spreaker e Anchor, tieni presente che di sistemi simili è pieno il web. Ne nominerò alcuni, ma se quelli di cui parlo non ti convincono cercane altri – e fammi sapere come ti trovi!

Ai fini di questo articolo glisserò con un triplo salto carpiato su tutta la questione di creazione del tuo podcast (l’ideazione, la registrazione, la post-produzione): magicamente siamo qui adesso con un bellissimo file mp3 e la voglia di farlo ascoltare a più gente possibile. Cominciamo però dal principio, ma il principio vero, cioè:

Cos’è un podcast?

Sì, va bene, la voce, i contenuti, d’accordo, lo so, la radio che non è la radio, ok: ma alla base di tutto c’è una questione tecnica, anzi, tecnologica, molto semplice.

Un podcast equivale a un feed rss, ovvero un particolare tipo di file (formato xml) che contiene le informazioni che saranno poi processate dall’app che usi, qualsiasi app sia, e trasformate in audio per le tue orecchie. Il bello di questo dettaglio è che il podcast, se lo fai come dev’esser fatto, sarà sempre libero e disponibile per chiunque.

Un feed comprende come minimo: il titolo e la descrizione del podcast, il link ai file .mp3 delle singole puntate, il titolo e la descrizione di ciascuna puntata. Poi ci possono essere altri dettagli, ma i fondamentali sono questi. È questo feed che, per dire, viene sottoposto per approvazione ad Apple Podcast.

Per un annetto o due ho creato a manina il feed di Ricciotto e di altri programmi, e oggi posso dire con sicurezza: «Divertentissimo, ma non lo rifarei!» Al minimo errore di sintassi, al minimo refuso nel chiudere un tag, si rovinava la pubblicazione delle puntate; per non parlare di quando le duplicavo. Per quanto sia possibilissimo ignorare le piattaforme di hosting di cui parleremo, ti consiglio quantomeno di prenderle in considerazione e di testarle nei loro piani gratuiti: perché il risparmio in termini di tempo, fatica e jasteme sarà notevole: ci penseranno direttamente loro a sottoporre alle diverse piattaforme il tuo feed, e tu non dovrai fare niente – davvero, niente. L’unico grande dettaglio da tenere a mente è che per Apple Podcast le regole sono diverse, ma lo vedremo in un altro articolo, perché merita un discorso a parte.

Hosting ≠ ascolto

Un altro dettaglio tecnico: un hosting è un sito o un servizio che usi perché i tuoi file risiedano su internet. Possono essere fotografie, filmati, audio, ma anche testi: qualsiasi sito web ha un hosting che contiene tutti i suoi contenuti.

La presenza di un file su internet non si traduce automaticamente nella sua diffusione: all’interno di un feed rss deve essere per esempio indicato chiaramente il suo indirizzo, perché questo possa essere interpretato da un’app e ascoltato come podcast.

Attenzione a dove scegli di mettere i tuoi file .mp3, al di fuori dei servizi pensati esplicitamente per il podcasting: perché tutti i servizi di hosting si fanno pagare per il traffico che sopportano, che sia una rata fissa oppure variabile sulla base dei bit che girano (è la cosiddetta banda). Con certi host, rischi di pagare una bolletta sempre più salata man mano che il tuo podcast diventa noto e ascoltato. I servizi come Spreaker e Anchor, per dirne un paio, ovviano a questo dettagli spostando i termini di pagamento non sul traffico (che è solitamente illimitato o comunque molto alto), ma sulle ore complessive di archivio audio.