Tanti tipi di podcast, tutti per te


Ok, sei lì che hai deciso di partire con il tuo podcast: hai trovato l’argomento, hai trovato i contenuti, i temi ricorrenti. Hai pure trovato una sigla. Quello che ancora non hai messo a fuoco è il taglio per il programma, e non sai che tipo di podcast fare. Ti ci ritrovi, o quantomeno: sei passata anche tu per questo momento?

Che poi in realtà è vero solo in parte, eh: certe idee portano come unica conseguenza un certo tipo di format. Ma in altri casi invece la questione può essere sfumata e a una stessa idea possono andare bene progetti diversi. Una disamina veloce dei più comuni tipi di podcast allora potrebbe tornarti comoda. Magari ci ripensi quando devi far partire il tuo prossimo progetto.

Come detto questa disanima è veloce: spero di coprire i casi più diffusi ma non ho alcuna pretesa di esaustività. Anzi, se mi son perso pezzi fammelo sapere nei commenti!

Assieme a ogni tipologia ho inserito un esempio, preso tra i podcast di persone che conosco e che stimo molto, oppure direttamente dal grande mare di Querty.

In solitaria

Tu e il microfono, e basta. Magari un po’ di musica di sottofondo. Condurre un podcast da sola è più complicato di quanto una s’immagini, quantomeno all’inizio: finché non ci si scioglie un po’ si è dominate per lo più dall’impressione di parlare da sola e di essere molto ‘imbacuccate’.

Una volta che si ha preso confidenza, però, si aprono più strade per proseguire. Si può fare il podcast semplice, ovvero totalmente da sola, che sia a braccio o meno ha poca importanza, oppure quello che chiamo “stratificato”, cioè con inserti audio, sound design e musiche.

Se il primo tipo, quello semplice, implica un forte impegno nell’imparare a parlare da sole, a essere spigliate di fronte al microfono e saper gestire i tempi morti, il secondo impone dei tempi di pre e post-produzione maggiori: per sapere dove inserire inserti o jingle, e di che tipo, è il caso per esempio di preparare un copione da leggere: sul quale non è vietato improvvisare, ma che deve servirti per poi aggiungere e costruire il resto.

Nota di costume: se uso “semplice” intendo il contrario di “facile”. Un prodotto è semplice nella sua forma finale, quella che viene gustata dall’ascoltatrice, ma molto probabilmente per arrivare a quella forma noi che la produciamo abbiamo dovuto sudare come dannate.

Un esempio di podcast in solitaria, nella versione semplice, potrebbe essere Passione Podcast, tranne quando Andrea ha degli ospiti, perché lì sfocia di più nella tipologia d’interviste. Un ottimo podcast in solitaria con grandioso sound design è Be my diary di Rossella Pivanti, le cui puntate sono anche molto brevi e si possono ascoltare in qualsiasi momento. (Io arrivai tardi e mi feci la verticale di Be my diary, confesso.)

In coppia

Ricciotto iniziò così: volevo fare un podcast di cinema con persone competenti e in grado di veicolare contenuti alti con un tono colloquiale, ché di parrucconi è già pieno il mondo. E siamo stati in due per lungo tempo, prima dell’arrivo di Federica e il “nuovo” assetto (fa ridere, perché le puntate con Federica sono ormai significativamente di più di quelle senza, ma non soffermiamoci su questo aspetto).

Fare un podcast in due ti aiuta, per alcuni difetti intrinseci della formula in solitaraia: una volta che avete preso le misure e il ritmo, riduce sicuramente i tempi morti. La complicità e l’affiatamento tra voi conduttrici potrà probabilmente risolvere anche i momenti più lenti di una puntata, ma non usate la vostra sintonia come un trucchetto sul quale appoggiarvi per risolvere qualsiasi problema durante le puntate. L’ideale sarebbe fare il podcast con una persona che va a compensare le nostre lacune, che abbia punti di forza differenti. Quando abbiamo lanciato Ricciotto il gioco era tra Aldo, che come critico cinematografico è eccezionale, e me, che ero fresco di esperienze su diversi set e avevo visto differenti macchine produttive.

Un altro esempio di un podcast di coppia, per quanto sia finito durante l’estate del 2019, è Abisso editoriale: nonostante appunto non esca una nuova puntata da più di un anno, il lavoro che hanno fatto Alessandra e Maria è talmente eccezionale che se ti interessa anche un po’ l’editoria lì dentro trovi cose interessanti, sempre.

In gruppo

Ovvero, in più di due/tre. A meno che non facciate una cosa più orientata alla comicità e al divertimento, c’è bisogno di un po’ di polso per gestire correttamente i vari interventi – senza considerare che organizzare una cosa simile è un bell’incastro di programmi, calendari e orari. Però alcuni podcast di gruppo sono davvero belli, e divertenti: penso a Power Pizza o il nostro Fumble (con il suo spinoff Sidequest), che insomma, fan proprio ridere.

Interviste

Un tipo di programma che ha degli indubbi vantaggi: ti fa conoscere ai pubblici di riferimento delle persone che intervisti, ti aiuta a livello di networking, corrobora la tua immagine di ‘scopritrice di cose e persone’, nel caso ti interessasse averne una, e in generale è abbastanza semplice da organizzare, basta incastrare due persone. Ma devi stare attentissima, ché sono pochissime le persone che si possono permettere di fare un’intervista con alle spalle una mezz’ora di scroll del profilo Instagram dell’intervistata, o una scorsa veloce al suo portfolio: tutti noi altri dobbiamo studiare e prepararci a dovere. Purtroppo la riuscita della puntata dipende solo in parte da te, in questi casi: cavare sangue da una rapa è difficilissimo, e possono capitarti ospiti spente o che non riescono a comunicare efficacemente cose interessanti, mettilo in conto.

Prova ad ascoltare Giornalisti al microfono (sta per arrivare la seconda stagione), oppure il sempre caro Andrea Ciraolo quando faceva Un buon giorno per morire.

Documentario

Qui ci vuole il quadruplo della preparazione rispetto ai casi precedenti: perché devi trovare un argomento che ti convinca, fare delle sane ricerche, scrivere un copione dettagliato, registrarlo, poi montarlo e, in nove casi su dieci, occuparti anche della post-produzione. I risultati però possono essere entusiasmanti, lo posso dire perché è quello che faccio per i miei clienti: quando trovi il rumore o la musica giusta per accompagnare un passaggio è un piccolo miracolo che ti si srotola nelle orecchie.

Tre soldi, su Radio Tre, passa delle cose pazzescamente belle. Veleno è stato il caso italiano, il nostro Serial: ha un ottimo comparto produttivo, ho tantissime riserve sul tono del racconto, troppo vicino allo stile delle Iene per soddisfarmi. Però la storia è tragica e incredibile, merita un ascolto.