Un caso di studio: l’Atlante sonoro degli archivi italiani, a distanza


A inizio giugno 2020 è uscito l’Atlante sonoro degli archivi italiani, un lavoro che ho fatto assieme a Valentina De Poli per Archivissima, il festival degli archivi che si tiene ogni anno a Torino, nei primi giorni del mese.

Dal momento che questo è stato un lavoro capitatoci in mano e svolto durante la pandemia, e il conseguente isolamento, penso che il racconto di come abbiamo fatto possa essere interessante, anche solo per l’aneddotica. Pertanto, andiamo a vedere come Valentina e io abbiamo realizzato un podcast così interessante pur stando a una quarantina di chilometri di distanza.

Le premesse

C’era una pandemia in atto (e per certi versi c’è ancora, in molte parti del mondo, e non è che ne siamo completamente usciti: quindi mascherina ben alzata quando non puoi garantirti la distanza dagli altri, di persona, e lavati sempre le mani). Dicevo: c’era una pandemia in atto e l’associazione che organizza Archivissima aveva deciso di seguire le orme di tanti altri festival e fiere e spostarsi sul digitale, in maniera totale: tutti gli interventi sono stati online, spesso via Instagram. Per sopperire alla mancanza in loco dello sterminato numero di archivi che normalmente popola un’edizione di Archivissima (e, prima ancora, della Notte degli archivi) si è pensato che l’audio potesse essere la soluzione migliore. Così, oltre a degli interventi relativamente brevi di alcuni archivi, e al “racconto d’autore”, preparato da una dozzina di autrici (da Michela Murgia a Vladimir Luxuria, da Lidia Ravera a Francesca Manfredi e altre), è stato pensato un podcast più istituzionale, se vuoi, che andasse a raccontare le particolarità e la storia di alcuni dei tanti colossali archivi che partecipano al festival.

Il compito di Valentina e mio è stato di realizzare una serie di 10 puntate di circa 12′ in grado di esaltare le caratteristiche di altrettanti archivi importanti. Non è questione di scala di notorietà o di archivi più “belli” o più “brutti”: è che per forza di cose un ente che ha attraversato cinque secoli ha un archivio sterminato, rispetto a uno nato negli anni ’90, per fare un esempio molto scemo e banale.

Il lavoro

Dal momento che sono un nerd appassionato di cose che siano allo stesso tempo utili e belle, ho messo subito mano alla parte tecnica: ho aperto un account gratuito su Basecamp, che secondo me è il migliore sistema per la gestione di un progetto che tu possa trovare, e ho impostato tutte le sue cosine: la chat, le discussioni, i documenti, il calendario e la lista di cose da fare.

Lì Enea, il contatto che avevamo in Archivissima, ci caricava i materiali che Valentina avrebbe analizzato: lei ha passato giornate intere – letteralmente – immersa nel materiale che ci forniva Enea e i siti e gli archivi digitali liberamente consultabili: da lì poi ogni pochi giorni otteneva la bozza del testo della puntata.

I 12’ di durata li avevamo proposti soprattutto per i tempi assai risicati, ma la mole di informazioni che era necessario inserire in ciascuna puntata ci ha obbligati ad andare più verso i 17’, 18’. Non è stato un lavoro facile, nemmeno quello di selezione degli argomenti. Valentina è stata gigantesca, da questo punto di vista: ma d’altro canto quando lavori con lei sai già che finisci bene ❤️

Il lavoro, nella pratica

Registrare un podcast per altri a distanza non è stato tanto diverso da una puntata di Ricciotto a distanza, per molti versi. Valentina e io ci vedevamo in videochiamata e leggevamo assieme il testo: questa prima passata serviva a trovare i punti dove la lettura s’inceppava o c’erano frasi poco chiare, da sciogliere (o togliere definitivamente) per la lettura definitiva. Poi, il giorno stesso o il giorno dopo, se la puntata aveva bisogno di un intervento massiccio, ci ri-trovavamo per registrare: a quel punto io mettevo il microfono del mio telefono in muto e lasciavo che Valentina leggesse. Tornavo attivo soltanto quando mi pareva che avesse letto qualcosa in maniera non ottimale, o in occasioni simili.

Qui Valentina registra mentre un tecnico del suono ascolta con attenzione.

Per la sua voce ho comprato un RODE Podcaster, un microfono dinamico USB. Ho passato un paio di giorni a cercare la soluzione migliore: per un po’ avevo considerato l’ipotesi di una scheda audio con un singolo canale e un microfono dinamico XLR da attaccarci, ma alla fine ho scelto un microfono USB di alta qualità per garantirci, da un lato un’ottima qualità di registrazioni, e dall’altra una facilità di utilizzo da parte di Valentina che, va bene l’esperienza incredibile in editoria, ma magari non era abituata al mondo dell’audio 🙃

Ovviamente non abbiamo registrato in un ambiente trattato: se il tuo orecchio è abbastanza allenato sentirai alcune differenze rispetto alla voce di Valentina in Vita tra i paperi, per esempio: ma nel complesso il risultato è notevolissimo, in grado di competere con prodotti di egual livello.

(Il che dimostra che i contenuti sono fondamentali, perché senza di loro non si va da nessuna parte: ma con buona strumentazione e attrezzatura si risparmia tempo in post-produzione.)

Valentina registrava la sua voce usando direttamente QuickTime, come ti ho spiegato qui: qualità massima e poi WeTransfer come se piovesse.

La post-produzione

Una volta registrata la voce la palla passava a me: ripulivo la traccia dagli errori e gli impappinamenti – quelli, stai tranquilla, ci saranno sempre – e poi ragionavo su quello che potevo fare. Se avessi avuto più tempo avrei voluto abbinare a ciascun archivio un tema musicale, un’atmosfera specifica, qualcosa di significativo: purtroppo sono riuscito a farlo soltanto in alcune puntate e non tutte.

Però lo spirito generale di una puntata ho cercato di rispettarlo il più possibile: per esempio con l’Archivio Ricordi ho giocato di contrapposizione, usando musiche hip-hop. Ho passato diverse ore su Audioblocks, la mia repository di fiducia per queste cose, cercando le musiche e i loop migliori per ogni archivio.

(Repository di fiducia un cazzo, ma ne parleremo più avanti.)

A proposito di musiche: abbiamo avuto due musiche originali realizzate da Bonetti: la sigla, che ho utilizzato in maniera ridotta all’inizio di ogni puntata e poi più estesamente nell’ultima; e il tappeto sonoro che ritorna in ogni puntata, di solito nel momento in cui Valentina racconta delle fotografie, o un archivio.

Una volta che avevo la bozza di una puntata, la esportavo a bassa qualità e la giravo a Valentina ed Enea. A quel punto ricevevo un elenco con le cose da correggere o cambiare, con il relativo timecode (cioè il minutaggio di dove entrare con le forbici) (forbici virtuali, per favore, non fare male al tuo computer!). Di solito un paio di giri di revisioni e la puntata era finita.

Il risultato

Lo puoi ascoltare sul sito di Archivissima, su Apple Podcast, su Google Podcast, su Spreaker, su tutte le app di podcast che vuoi, su Spotify. Dagli un ascolto, fammi sapere cosa ne pensi: Valentina e io siamo estremamente orgogliosi di quello che abbiamo fatto, anche viste le condizioni in cui l’abbiamo fatto. Speriamo tu condivida con noi questa opinione: ai gatti è piaciuto.