Usare BandLab per montare i tuoi podcast


Per fare podcast in maniera professionale è il caso di imparare a usare una qualche DAW, in modo da avere il controllo totale di quello che succede. Quello che non è necessario è spendere un sacco di soldi subito, oppure scaricare illegalmente uno di questi software: meglio andare per gradi, soprattutto se non ti sei mai sporcata le mani con questi accrocchi virtuali.

C’è sempre Audacity, mi dirai: certo, è vero, ma magari non ti piace, per qualche motivo. Io, per esempio, dopo tanti anni ancora non riesco a mandare giù la sua interfaccia: e sì che è un programma potentissimo. Se sei come me, non disperare: ci sono diverse DAW ed editor audio gratuiti, e per quanto poche raggiungono i livelli di complessità di un Logic Pro o di un Pro Tools, per cominciare vanno tutte bene. Per esigenze professionali cercherò di provarne il più possibile, cominciando da BandLab. A fini esclusivamente umoristici abbonderò di punti esclamativi nei titoli, spero tu non ne abbia a male.

Le conclusioni, e un’avvertenza!

BandLab mi è piaciuto molto, e se mi capiterà di usarlo in futuro per dei lavori leggeri non me lo farò mancare. Ma anche tralasciando il fatto che è pensato per creare musica,  non tracce di parlato, ha una limitazione pesantissima per il tipo di podcast che faccio io: nessuna traccia può superare i 6′ di lunghezza. Se crei una pillola quotidiana al di sotto dei due minuti, e per registrarla non vai mai oltre i 4-5 minuti, allora vai tranquilla. Sennò, smanetta pure con questa web app ma devi guardare altrove per fare qualcosa di sensato.

BandLab funziona sul browser!

La prima cosa da dire di BandLab è: questo strumento funziona direttamente dal tuo browser, il che lo rende una web app perfetta per quando si è lontani dalla propria DAW, o in cerca di sistemi rapidi per ottenere un risultato semplice. Per poter scrivere questo articolo ho usato BandLab per montare una puntata di Racconti: a parte i primi minuti di spaesamento, dovuti a un’interfaccia un po’ diversa da quella cui sono abituato, la sensazione generale che ho avuto è di trovarmi in una versione diversa di GarageBand.
Effettivamente, Logic Pro è un poco sovradimensionato per pulire ed esportare una traccia vocale: se c’è uno strumento più semplice a disposizione, usarlo potrebbe essere una buona idea. (Predico bene, razzolo male: uso Logic anche solo per pulire una voce, perché così posso equalizzarla, comprimerla, applicare qualche effetto per ripulirla e migliorarla. Ci sono servizi che queste ultime cose le fanno in automatico, ma io sono di quelli che vogliono avere il controllo di quello che succede.)

Per questo tipo di lavori, BandLab può essere un’ottima soluzione. Basta aprire il browser e andare a questo link, avendo l’accortezza di usare Chrome (come da loro suggerito). Fatti un account che tanto è gratuito, e poi divertiti.

(Ai fini di questo post, verranno ignorate tutte le funzionalità di BandLab dedicate alla creazione di brani o loop musicali.)

Fai un bel montaggio con BandLab!

A monte di tutto, fai attenzione: dalla prova che ho fatto, su BandLab puoi creare/importare fino a 12 tracce. Non sono poche, tenendo conto che tre o quattro tracce ti saranno più che sufficienti – a meno che tu non stia producendo un podcast strutturato, con molti effetti sonori e inserti.

Dopo aver detto a BandLab che vuoi creare una nuova traccia (il pulsante rosso dell’immagine precedente), la web app ti chiederà cosa vuoi fare: scegli se registrare direttamente nel browser, oppure importare una registrazione già fatta.

Una volta pronta la traccia potrai tagliarla nei punti in cui non è perfetta, alzare il volume, equalizzare, aggiungere effetti (compressione, riverbero, diversi altri: non tantissimi come in una DAW professionale o in Audacity, ma ce ne sono). Addirittura, BandLab ha preparato alcuni preset con diversi effetti concatenati: sono pensati per dare più colore a una canzone, più che a una traccia parlata, quindi vacci piano – ma se pensi che possano raggiungere un obiettivo particolare nel tuo podcast, vai tranquilla.

L’editing in sé e per sé non è complicato: puoi tagliare la traccia nel punto in cui hai sbagliato a pronunciare la frase che dovevi pronunciare con un pulsante nell’interfaccia, oppure premendo il tasto “S” della tua tastiera. (All’interno dell’interfaccia c’è la voce “Help”, la prima voce è un elenco delle scorciatoie da tastiera.) Alla fine del lavoro potrai esportare il file: per il momento l’unico formato è .m4a, cioè un file compresso che non pesa tanto, ma di buona qualità. Certo, per continuare a lavorarlo magari in una DAW è d’uopo ottenere un file .wav non compresso, il più vicino possibile alla qualità originaria.

Con BandLab puoi anche solo migliorare la tua traccia!

Ottenere un buon volume per le proprie puntate rischia di essere un po’ la ricerca del Graal, soprattutto perché ogni piattaforma ha le sue regole. Appena scriverò un articolo sui LUFS e tutto il cucuzzaro sarai la prima a saperlo, per il momento semplifichiamo dicendo che i LUFS sono un parametro usato per indicare il volume percepito di un brano musicale, o nel nostro caso: un podcast. Ci sono dei servizi che ti permettono di alzare il volume del tuo file (in gergo, “normalizzare”): il più famoso di questi è certamente Auphonic. Ma senza avere tutte le sue funzioni, BandLab ti sistema il file in modo che sia “migliore”, equalizzandolo secondo alcuni preset (“Bass boost”, “Enhance Clarity”.)

Alla fine della fiera!

BandLab ha un sacco di funzionalità, alcune davvero interessanti per chi collabora a una canzone senza trovarsi fisicamente nello stesso posto come la possibilità di inserire i testi, oppure lasciare una nota per gli altri collaboratori. Si possono usare degli strumenti MIDI, e gli effetti che mettono a disposizione sono quelli che servono anche a trattare la voce. Quel lievissimo dettaglio dei sei minuti di massima per le tracce impedisce un uso “serio” di BandLab: ma se per ottenere il tuo podcast non ti servono più di sei minuti di spazio, fai un tentativo.